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L’addio alla professione di Archivista di Richard J. Cox. :

Farewell to AERI, or Last Words on the Archival Mission

 

Tutto da leggere, e rileggere anche i suoi post meno recenti sul suo blog. Vorrei che ci fosse anche qui da noi, chi fa tesoro del suo appello, sopratutto nel comprendere che il campo della memoria è sempre un campo di battaglia tra prove e manipolazioni, e che per raggiungere una “verità” fattuale bisogna accettare che essa sia sempre provvisoria, multipla, contraddittoria e complessa. Ciò non giustifica comunque chi, dotato di pubblica autorità, nasconde, manipola, distrugge documenti storici (in Italia sono molti anni che si attende un decente “verità” sulle stragi fasciste e di stato degli anni Settanta -che hanno fatto più morti e feriti di tutti gli omicidi perpetrati dai gruppi armati della sinistra extraparlamentare, e sono state compiute, cosa molto più grave, con la complicità di apparati deviati dello stato). La battaglia di Cox e degli altri “guerrilla archivists” è contro la distruzione, in atto dall’amministrazione Trump, per salvare i documenti relativi al cambiamento climatico, all’importanza della prevenzione per la salute pubblica, ecc. Molti archivisti professionali hanno aderito al movimento, in alleanza con comunità e gruppi di cittadini; Cox , con una immagine efficace, richiama le figure dei monaci medioevali che ricopiavano di nascosto i testi classici “proibiti” dalla Chiesa, salvandoli dall’oblio e dalla distruzione. Certo che il mestiere archivistico, specie per i pubblici dipendenti, si arricchisce di sfide nuove e molto interessanti…si saprà coglierele?
https://twitter.com/rjcoxarchivist

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Utenti web, cultura “remota”: un convegno a Roma

Ecco, popolo incredulo, clikka e ammira:

Roma: Convegno “Cultura remota: alla ricerca degli utenti web”

Biblioteca nazionale centrale, Sala Conferenze – a cura del Ministero per i Beni e le attività Culturali, Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche, Osservatorio tecnologico per i beni e le attività culturali

12 novembre, 2009 – Corsi, seminari e convegni OTEBAC

Per chi, come me, è curioso dell’intreccio tra beni culturali e Web 2.0, l’occasione è da non perdere. Spero che sia un momento di informazione e di prospettive, a prescindere da Second Life, a cui non sono mai riuscita ad appassionarmi (anzi, da parecchi mesi l’ho mollata). Allora, arrivederci a Roma!

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Archivi e democrazia

«Il processo di democratizzazione può sempre essere misurato con questo criterio essenziale: la partecipazione e l’accesso a un archivio, la sua costituzione e la sua rappresentazione». Questa frase di Jacques Derrida, tratta dal saggio Mal d’archivio, racconta perfettamente lo spirito di Metavid e non a caso viene citata dai suoi creatori. Metavid è un’iniziativa indipendente che si propone di creare un archivio di video dell’attività del Congresso degli Stati Uniti e di favorire la produzione partecipata di ulteriori elementi testuali. Lo scopo è permettere a tutti la ricerca di informazioni approfondite sia sull’operato dei parlamentari sia sui singoli progetti di legge.

Questo interessante post continua su Apogeonline. Leggere e meditare…

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Come usare il web per fare storia e memoria: le pagine dell’ISTORETO sull’esodo giuliano-dalmata

Voglio segnalare questo nuovo lavoro dell’Istoreto (Istituto piemontese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea), che a una prima consultazione mi sembra molto interessante e ben fatto. Secondo le parole stesse di Carlo Pischedda, uno degli autori, “Si tratta di una applicazione multimediale intitolata  L’esodo istriano-fiumano-dalmata in Piemonte. Per un archivio della memoria”,
realizzata da Enrico Miletto e Carlo Pischedda in occasione del Giorno del Ricordo 2009.
l lavoro, che intreccia una fitta rete di testimonianze raccolte tra esuli residenti nelle varie province piemontesi insieme a fonti archivistiche e documentarie, si propone di ricostruire la traiettoria tracciata dai giuliano-dalmati in Piemonte, approfondendo sia la conoscenza di realtà già note sia quella di contesti inediti e innovativi.
Anche in questa applicazione è data la possibilità al visitatore di consultare la documentazione d’archivio e di partecipare direttamente inviando il proprio commento o contributo.”
L’esodo giuliano- dalmata è stato un dramma nella già drammatica realtà dell’Italia del dopoguerra. Non è molto conosciuto, per i motivi che gli autori illustrano, e a maggior ragione è importante e utile un sito come questo, che unisce la facilità della consultazione con gli strumenti di approfondimento storico, le schede e le cronologie, la bibliografia, e soprattutto le interviste e le foto dei testimoni e delle realtà durissime degli insediamenti dei profughi a Torino e nelle altre provincie piemontesi.

In questo modo mi pare che si possa fare memoria e storia con gli strumenti del web, e aprire anche, rendendo possibile la partecipazione degli utenti, uno spazio di raccolta di altre memorie e testimonianze, ma anche di integrazione degli elementi già noti, basati sulle fonti d’archivio consultate e rese accessibili.

Spero che tra un po’ di tempo gli autori del sito ci vorranno fare partecipi degli esiti di questa apertura al web…forse dovrà passare un bel po’ di tempo, perchè non credo che le persone in grado di contribuire siano moltissime, e la difficoltà è anche farsi conoscere, far saper di questa possibilità.

Ma in ogni caso questo rimane  uno dei primi esperimenti di interazione “2.0” per i nostri siti storico-archivistici.  E mi pare che nasca già “imparato”!

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A Capodanno, violenta epidemia di…facebook!

Molta gente che conosco ha mollato o sta trascurando i propri blog per scatenarsi in una specie di gara a chi ammucchia più amici, si iscrive a più siti, diventa fan di più gruppi…l’ultima vittima è stata mio marito. Non potendosi iscrivere su FB dal mio account windows, mi ha convinto a fargliene un’altro per lui sul computer domestico (inutile spreco di spazio disco) e così anche lui è diventato mio “amico”…e ha scoperto che aveva già -giacenti- una serie di inviti …mi sembra un mezzo delirio. Oltre tutto per gente come lui che passa la giornata al telefono; forse che non “comunica” abbastanza? Boh! Intanto languono i post sugli archivi 2.0; i loro autori e autrici sono impegnati a scrivere musica digitale sui siti 2.0, nonché a partecipare ai più stravaganti quiz o statistiche che fluiscono sul web come i pappi dei pioppi a primavera…mi pare che tutto sia forse divertente, ma piuttosto evanescente…

Come diceva Calia, in un post recente,  il contenuto dei socialnetwork come Facebook è il fatto stesso di socializzare. Io sono piuttosto perplessa – senza avere nemmanco socializzato; mi piace l’idea di incontrare vecchi amici, ma non mi piace lo scambio di battute sotto gli occhi di una folla di “amici”; inevitabilmente si rimane nell’ultrasuperficiale; e fin li niente male…perchè intanto si sperimenta…senza fare troppi danni…almeno finchè ci si diverte. Ma bisognerebbe riuscire anche a pensare, mentre si cazzeggia con mezzo mondo, a cosa potrebbero servire le utilities che si vanno sperimentando. E anche a come reimpiegarle ad altri usi.

Insomma, mi sembra appropriato riportare una frase tratta da un documento degli skillatissimi neozelandesi di SERADIGM, a proposito di archivi 2.0:

In exploring the use of Web 2.0 approaches it is very difficult to predict what will work, and what won’t. The best method in this context is to try many things and keep those that are successful. This requires a culture that is tolerant of failure. It must be acceptable for initiatives not to work, as long as people learn from them and adapt as a result.

Amen

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Beni culturali e web 2.0: esperienze a confronto

A Genova sta per aprirsi il Festival della Scienza: mega evento, che dura due settimane, coinvolge migliaia di persone e centinaia di incontri e manifestazioni in tutta la città, molti anche di alto livello. Ce n’è per tutti, grandi e piccoli, tante infatti anche le iniziative per i bambini, e importanti le conferenze e i laboratori divulgativi, con scienziati di fama mondiale. Il tema di quest’anno è “Diversità“. Interpretato nelle maniere più varie.  In questo ambito, trova uno spazio direi naturale anche l’iniziativa alla quale partecipo, che vuole riprendere e approfondire le tematiche dell’incontro di febbraio, di cui ho abbondantemente parlato. Il nuovo “web day” si intitola “Archivi, biblioteche, musei ai tempi del web 2.0: esperienze a confronto“, è un incontro a più voci con siti web culturali di enti pubblici e privati italiani che, in modi diversi, stanno creando una interazione con i loro utenti. Se a febbraio avevamo “fatto teoria” o meglio avevamo parlato delle possibilità offerte dalle tecnologie 2.0, ora vogliamo conoscere le esperienze concrete attraverso il racconto di chi le ha realizzate, compresi i passaggi, le difficoltà e le criticità. Anche in questo incontro si avrà una certa interazione con il pubblico, con brevi dibattiti dopo ciascuna presentazione e con la possibilità di continuare il dialogo con i relatori e relatrici in sala, attraverso diverse postazioni web. L’ultimo intervento, che ci aiuterà a fare il punto della situazione, è quello di Maria Teresa Natale, dell’OTEBAC, che presenterà tra pochi giorni il “Manuale sull’interazione con gli utenti del web culturale /Progetto MINERVA” per ora disponibilein inglese qui.

Qui sotto c’è il programma e qui c’è il pieghevole-web-201 in formato .pdf

Archivi, biblioteche, musei ai tempi del web 2.0: esperienze a confronto

A cura del Comune di Genova – Direzione Cultura (Biblioteca Berio – Sezione di Conservazione, Archivio Storico del Comune, Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce) e della Biblioteca Universitaria di Genova, con il coordinamento di Paola De Ferrari.

Con la collaborazione dell’Ufficio Informatizzazione e Catalogo unificato e dell’Ufficio Comunicazione e Promozione Eventi Culturali della Biblioteca Berio.

Biblioteca Berio, Sala dei Chierici, 28 ottobre ore 14.00-18.00

Informazioni: tel. 010 5576050

Incontro a più voci con rappresentanti di archivi, musei, biblioteche italiani, che attraverso il loro siti web hanno sviluppato nuove forme di interazione con gli utenti, chiamati a diventare non solo fruitori ma anche collaboratori e creatori di contenuti culturali

Programma

Diletta Zannelli Fondazione Museo di Fotografia Contemporanea, Cinisello Balsamo.

Il sito web “giovani” del Museo di Fotografia Contemporanea: un progetto in partenariato con il Liceo Artistico Statale U. Boccioni di Milano

Carla Sava Archivio di Stato di Udine

Memorie in rete, reti di memoria: Friulinprin per la ricerca di fonti e biografie di persone vissute tra ‘800 e ‘900 in Friuli

Cesare Bignotti e Guido Smider Creative Corporation EVES

Dibattito sulla Web Art con la Creative Corporation EVES Extraordinary Visions and Esthetic Sounds

Carlo Pischedda Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea “G. Agosti”, Torino

Archos, un sistema integrato dei cataloghi d’archivio. Un approccio possibile ai social archives

Simona Brighetti – Biblioteca Sala Borsa, Bologna

Dire, ascoltare, navigare, partecipare: l’esperienza di bibliotecasalaborsa.it

Luca Melchionna MART Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto

Il Mart 2.0: nuovi utenti online e offline

Marco Fiorilla Biblioteca Lancisiana, Roma

Il progetto “Catalogo Aperto” dei manoscritti lancisiani

Maria Teresa Natale Ministero per i Beni e le Attività Culturali – OTEBAC

Interazione con gli utenti nei siti web e portali culturali: stato dell’arte e potenzialità

Coordina Paola De Ferrari

I relatori e relatrici saranno a disposizione del pubblico presso le postazioni multimediali.

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Archivi e biblioteche, il seminario

Seguito del post sulle iniziative “Archivi e biblioteche: potere, utenti, tecnologieSeminario Biblioteca Berio, 8/2/2008 svoltesi nei giorni 7 e 8 febbraio.
Nel frattempo ho cambiato computer, (ora è un decente HP Pavilion), però non mi ci ritrovo con il sistema operativo, con la visualizzazione ecc. Il vecchio monitor (quello è rimasto) sembra piuttosto sorpreso, e io non trovo la misura giusta dei caratteri…se li allargo si distorcono, oppure c’è da cavarsi gli occhi. Non ditemi di cacciarlo via, no se puede. Ci vorrà un poco di tempo per prenderci la mano.

Il resoconto del seminario lo trovate sul bellissimo post di Bonaria Biancu. Concordo pienamente con la sua descrizione. Perciò mi esimo dal fare un riassunto, e vi invito ad andare a leggerlo. Posso contribuire alla completezza e al networking pubblicando anch’io i link delle presentazioni.

Carola Frediani ha fatto una presentazione, e un intervento, veramente stupendo. Mi piacerebbe che venisse pubblicato, ma sapendo quanti impegni ha, non la voglio stressare. Anche per il suo contributo rimando a quanto scrive Bonaria, aggiungendo solo un elenco di parole chiave, come sintesi dei temi trattati: Turbo nel Web, Contenuti, Rss, Remix, Semplicità, Usabilità, Raccomandazione, Social tagging, Social Bookmarking, Digg, Wikipedia, Intelligenza collettiva, Saggezza delle folle, Congresspedia, Polizia neozelandese…

Bellissima la presentazione di Bonaria Biancu, che viene anche commentata nel post sopracitato. Da leggere! Ci ha trasmesso una vera valanga di conoscenze ed energia!

Carlo Penco ha visualizzato e discusso alcune risorse da lui utilizzate spesso, tipo Del.icio.us, e altre condivise con i suoi studenti. Alcune sono riservate agli studenti/docenti, e quindi accontentiamoci di quello che abbiamo visto al seminario. Ad esempio Aulaweb dell’Università di Genova è un ambiente dove attingere risorse per lo studio. Poi i Blog, quelli dei suoi corsi, che sono: Semiosette e Fattoria della comunicazione.
Il tutto interpolato da una certa quantità di link (gentilmente inviati) che trascrivo con i suoi commenti:

Carlo, Stefano e Carola guardano lo schermo

“piccole
pubblicità per biblioteche “umane”:

http://www.youtube.com/watch?v=APWVP459BK0
L’esempio della ragazza che chiede da mangiare è una pubblicità di automobili. L’ho stoppata prima, il messaggio pubblicitario è banale: donne come automobili; non basta la bellezza; ci vuole l’intelligenza. Ma chi ha fatto il video ha avuto una buona idea a prescindere dalla banalità di fondo del messaggio; infatti gioca sull’intreccio di presupposizioni non condivise; poi mostra come l’assenza di una cultura comune porta a effetti disastrosi”

L’intervento di Carlo è stato molto stimolante, e, facendo in modo di incuriosire e coinvolgere, e anche divertire, ha affrontato alcune questioni di fondo sulla filosofia del web2.0, e non solo del web.

Stefano Vitali Su questo intervento vorrei spendere due parole. Anzitutto, per il mio interesse per gli archivi. Il seminario è nato proprio dallo scambio di qualche mail tra Stefano e me, pochi mesi fa. Poi perchè ritengo che Stefano sia uno degli archivisti di riferimento, sui temi della innovazione, sia culturale che tecnologica. Inoltre perchè la situazione degli archivi è molto diversa da quella delle biblioteche. Ha delle specificità da capire, non per farsene schiacciare, ma per una azione efficace di difesa e rilancio. Le posizioni di Stefano mi sembrano esprimere un grande equilibrio, anche nel desiderio di lanciare segnali innovativi – ma cercando di non dimenticare la situazione reale in cui ci si muove, e da dove si viene. “I servizi agli utenti basati su web2.0 consentono agli utenti di condividere, di partecipare. La comunicazione non è più solo da uno a molti, ma diviene da molti a molti. Tra i molti si collocherebbero anche le istituzioni archivistiche -cosa che non è facilmente accettabile…” Che implicazioni per le comunità archivistiche, sia di operatori che di utenti, reali e virtuali? Dopo aver commentato gli esempi, che si possono vedere nella presentazione, Stefano Vitali sottolinea il ruolo di raccordo e di contributo alla costituzione di comunità fisiche (gli eredi dei veterani nel caso della Polar Bear, gli immigrati nel caso di Moving here, gli utenti di Footnote…) oltre che di comunità virtuali. Un obbiettivo, che è quello di costruire e stringere comunità intorno agli archivi, implica che si conosca più a fondo il pubblico degli utenti, e che si usino quindi strumenti differenziati. Questo modo nuovo di avere rapporti con il pubblico dovrebbe entrare nella cultura degli archivisti.

Qualche mia riflessione

Il seminario è stato bellissimo. Non lo dico tanto per dire. E’ stato veramente qualcosa di evenemenziale. Sapete quando confluiscono le energie delle persone – tipo i ghostbusters quando fanno convergere i fasci contro il demone-cane? e si crea un campo energetico che finisce per incuriosire, attirare, coinvolgere, e alla fine addirittura entusiasmare, non tutti ma molti/e…e poi le persone continuano a parlare, a fare capannelli, a darsi appuntamenti…

A un certo punto mi sono distratta, guardando il fascio di luce del proiettore che intercettava il pulviscolo atmosferico, e ho pensato: c’è polvere d’oro nell’aria oggi!

Insomma, bellissimo. Tutto merito delle qualità degli interventi, della capacità dei partecipanti di comunicare in modo diretto al pubblico non solo le loro conoscenze, in un ambito forse nuovo e certo non semplice da trattare, ma anche punti di vista personali, anche critici o riflessivi sul magmatico web2.0. E comunque, mettere in campo un’esperienza diretta, pratica e teorica; far vedere dettagliatamente il funzionamento delle reti sociali, dei servizi e tools offerti, esprimere anche riserve – ma utilizzando nella comunicazione la grande ricchezza del web (i siti, i blog, i video, i database…e così via). Tutti gli inteventi hanno parlato di tecnologie in uno scenario culturale, e non solo tecnologico. Le trasformazioni implicano i cambiamenti nei rapporti tra le persone, mediati dalle tecnologie. Sono da capire non solo gli interessi, i progetti di gruppi di utenti ( studi di questo genere non sono più rimandabili negli archivi ), ma anche e forse, per prima cosa, i rapporti e le strutture di potere e di trasmissione culturale nel sistema degli archivi.

E qui bisogna annotare che al seminario c’erano moltissime/i bibliotecarie/i – di molti tipi di biblioteche genovesi e non solo; (Laura Malfatto e Fernanda Canepa, della Biblioteca Berio, hanno fatto sia un intervento introduttivo che nel dibattito, da cui si capiva che erano molto coinvolte e interessate ai nuovi sviluppi della biblioteconomia web). Era presente poi un certo numero di studenti e pubblico generico. Pochissimi archivisti. Ne ho contati una decina in tutto, comprendendo anche noi che abbiamo organizzato l’incontro. Ma c’erano, per fortuna, Isabella Zanni Rosiello e Linda Giuva, oltre ovviamente Stefano Vitali. Cioè persone che negli archivi hanno una voce, una presenza importante. A parte Stefano, non so cosa ne hanno tratto e ne pensano Isabella e Linda. Lo sentiremo nei prossimi appuntamenti…Linda che pensa

Negli archivi italiani, sembrerebbe, le cose si muovono a partire dal vertice. Oppure non si muovono. C’è una cultura gerarchica, dovuta ovviamente alla storia specifica dei nostri archivi, legati alle vicende delle istituzioni statali, con tutte le virtù e le perversioni che questo comporta.

Si sono dette cose molto importanti nel dibattito.
Una mi ha colpito, e la voglio riportare qui.
Il discorso delle risorse, sia umane che finanziarie, o meglio della loro mancanza, non fa che sottolineare il peso delle scelte compiute dagli individui. Indirizzare risorse in un ambito piuttosto che in un altro, verso un ruolo sociale di archivi e biblioteche piuttosto che di conservazione pura dell’esistente – può diventare una scelta decisiva per l’esistenza nel futuro, magari anche per un’esistenza più evoluta.

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Riflessioni sparse. In occasione del seminario

Tra pochi giorni, venerdì 8 febbraio alle 9,30, nella Sala dei Chierici alla Biblioteca Berio di Genova, si terrà il seminario intitolato “Archivi e biblioteche ai tempi del web2.0“. Raccolgo gli auguri di Paco, incrocio le dita ( gesto di scongiuro in voga nelle tribù mediterranee) e butto giù due righe, per non trascurare troppo questo povero blog.

Il saggio di “Le Reti partecipative. La biblioteca come conversazione” di R. David Lankes e altri studiosi dell’Università americana di Syracuse, tradotto in italiano e pubblicato dall’AIB (Associazione italiana biblioteche), che ho letto con molto piacere in questi giorni, suscita alcune riflessioni.

Il saggio è stato tradotto nel novembre 2007 e pubblicato sul sito dell’AIB. Non c’è la data di redazione, nemmeno nel documento originale, che non contiene però riferimenti posteriori al 2005. Con la rapidità delle trasformazioni del web2.0, anche due anni sono molti. Immagino che il documento sia stato già ampiamente discusso, almeno tra i bibliotecari di lingua inglese e anche italiani. Non credo nel mondo degli archivi. Provo comunque a dire qualcosa.

L’immagine del processo di conoscenza come conversazione è la parola chiave che sta alla base della riflessione degli autori. E non è una metafora, sostiene Lankes (in una intervista a Ridi), ma un processo concreto, che può svolgersi in un istante o nei secoli, che produce artifacts (libri, documenti, immagini…) capaci di registrare e rilanciare ad altri interlocutori la conversazione-conoscenza. Questa teoria proviene da Gordon Pask, filosofo della scuola di Palo Alto, ed è oggetto di un suo libro del 1976. La biblioteca, di conseguenza, diventerà tanto più facilitatore di conversazione quanto più migliorerà e creerà ambienti di conversazioni libere e aperte…seguendo la sua vocazione genetica. Il saggio spiega molto meglio ed esemplifica nei dettagli come le tecnologie web2.0 possono entrare in questo processo e supportarlo. Come la biblioteca viene a fare parte di un networking partecipativo, che crea e supporta allo stesso tempo ulteriori conversazioni…

Mi piace l’impostazione in cui si cerca di collegare le statistiche, le valutazioni (i numeri) che sono alla base dei risultati di una biblioteca alla partecipazione agli obbiettivi e ai bisogni del suo pubblico (alle sue conversazioni); un approcio che cerca di valutare l’utilità di una tecnologia a fronte di una data mission, che risponde alle esigenze di una comunità che deve essere servita. Almeno, così dovrebbe.

Questo concetto di processo di conoscenza come conversazione è abbastanza generico da poter essere applicato anche agli archivi. Anzi, è spontanea, anche se forse un poco naif, l’immagine del lavoro d’archivio come “dialogo” con le testimonianze, le memorie di gente ormai scomparsa…che ci parla attraverso le sue scritture, le sue immagini…E’ così che ci si sente quando si toccano certe carte, ci si sforza di capire le calligrafie idiosincratiche di persone scomparse da secoli. Dialogo, conversazione…con molti interlocutori, alcuni dei quali poco visibili, in secondo piano sulla scena. Infatti, chi e perchè ha conservato quelle carte, chi ha predisposto gli strumenti di consultazione che ce le rendono accessibili, e in che modo accessibili…e tutte le domande che possiamo rivolgerci sul significato del documento nel suo contesto di produzione, di conservazione e tradizione e ora, di consultazione. C’è una folla di personaggi non del tutto secondari che entrano nelle conversazioni, che hanno da dire la loro. In realtà questo vale anche per i libri, ma nel caso degli archivi è genetico, è imprescindibile.

Ebbene, perchè non coinvolgerli? Perchè non dare loro la parola, trovandogli un posto nelle “reti partecipative” in cui risalti il loro contributo alla conversazione conoscitiva? In questo forse le tecnologie, specie queste che facilitano la pubblicazione di documenti di qualunque tipo (visivi, sonori, testuali, in movimento ecc.) giocano a favore. Già in ambiente web1.0, diciamo, l’ipertesto internet consente una descrizione a vari livelli, congeniale agli archivi; e la struttura dei link consente il richiamo dei contributi più diversi. Ma le tech 2.0 aggiungono altre possibilità. Si può conversare con coloro che hanno consultato i documenti prima di noi, (sempre che siano disposti a condividere le loro informazioni!) e capire in quale contesto di ricerca lo hanno fatto. E questo può indicare idee nuove, suggerire nuove piste. Si possono aggiungere annotazioni e parole chiave ai documenti digitalizzati, e conservarli in una propria “cartella di ricerca virtuale”, che può essere condivisa o meno, e servire da punto di partenza per richieste di reference, per consulenze, per un dialogo attivo con gli archivisti e con altri utenti. Creare comunità di utenti, che condividano determinati interessi, che rappresentino una solida base di sostegno e difesa degli archivi, è quanto mai auspicabile, soprattutto in momenti di grande debolezza degli archivi nei confronti delle politiche restrittive (al limite del punitivo) dei vari governi e amministrazioni.

L’aggiunta di riferimenti georeferenziali (Google maps e altri servizi del tipo) a immagini di documenti di tipo cartografico, catastale e simili potrebbe suggerire usi inedititi, per la storia del paesaggio ma anche per utilità prettamente amministative o pratiche.

Certo, la premessa a qualunque conversazione di questo tipo è un notevole abbondanza di serie di documenti digitalizzati. Questo è un discorso importantissimo, che riguarda le politiche arhivistiche, i finanziamenti, le competenze e le scelte e altre cosucce del genere. Ma vorrei che leggeste il testo di Stefano Vitali ” Come si diventa digitali negli archivi“.

Può suggerire alcune considerazioni e molti cattivi pensieri. E…qui mi fermo, perchè l’ora è tarda. Ma chissà che la notte non porti con sé altre idee…

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Iniziative dalla archiblogsphera

Il prezioso @rchivista pubblica il programma di una nuova iniziativa, che si terrà alla fine di gennaio: Un corso di formazione sui blog per archivisti nell’ambito dell’attività formativa dell’ACAL, Associazione degli archivisti di Castilla e León. Come tornerei volentieri a León! Una città affascinante, che ho visitato alcuni anni fa. Una meravigliosa cattedrale gotica…un centro storico antico, vivace e accogliente.
Interessante anche il nuovo post Archivos un poco más 2.0 , che segnala link a risorse 2.0 in archivi sparsi nel mondo. Appena avrò un attimo di tempo mi riprometto di consultarli con attenzione. Mil gracias, Paco.

Segnalo qui a chi fosse sfuggita (a me è sfuggita!) una iniziativa già avvenuta l’autunno passato, il cui argomento assomiglia molto al seminario che si farà prossimamente a Genova : Web 2.0 e strumenti collaborativi: hanno un senso per i Beni Culturali e la formazione? organizzato dalla Fondazione Rinascimento Digitale. E segnalo inoltre il commento che ne fa Fabio Di Giammarco su Multimedia Architecture.

C’è qualcosa che mi perplime nelle prime righe del suo pezzo: “Nel seminario “Web 2.0 e strumenti collaborativi: hanno un senso per i beni culturali e la formazione” svoltosi a Firenze – per iniziativa della Fondazione Rinascimento Digitale – sembrava si dovesse dibattere solo sull’ormai scontata introduzione anche nei domini della P.A., dei beni culturali e della formazione, di una massiccia dose di web 2.0…”
A me francamente questa introduzione non sembra affatto scontata…ho l’impressione che se ne parlerà ancora molto, spero costruttivamente piuttosto che a vuoto…
Di Giammarco così commenta il momento del dibattito con il focus su “Wikipedia/web2.0 contro strumenti scientificamente affidabili” : “Per gli apologeti del web 2.0 si tratta di un mutamento epocale: sta finendo un mondo (quello del libro) e ne sta cominciando un altro, quello digitale. Gli scettici sono di tutt’altro avviso: Wikipedia non può essere perfezionata perché non è una cosa seria, è quasi un gioco da ragazzi. Per la cultura, per lo studio, gli strumenti scientificamente affidabili sono insostituibili.”
Mah, mi pare che da quando esiste internet e almeno da una trentina di anni, si stanno rigirando questi argomenti abbastanza stucchevoli. Fine del libro…fine della cultura…fine del mondo? Spero proprio che i responsabili dei Beni Culturali che hanno partecipato al dibattito in posizione anti web2.0 abbiano avuto migliori argomenti, e solo per problemi di spazio recensivo non siano emersi dall’articolo in questione.
In caso contrario…siamo alle solite degli apocalittici contro stupidi entusiasti faciloni? semu ben ciappè, (siamo ben combinati), come si dice a Genova. Qualcuno dovrebbe sottovoce segnalargli l’esistenza di Amazon, tanto per fare un nome, oppure di LibrayThink…e inoltre, come dice Peter Van Garderen “Bad metadata is bad metadata”, che siano su carta, su byte o su tavolette di cera.

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Siti archivistici e interfaccia utente, o “pesci in faccia” all’utente?

Riprendo brevemente il discorso sulle ricerche genealogiche, perchè mi è capitato sott’occhio il sito dell’Archivio di Stato di Napoli. Ho cominciato a sfogliarlo, con l’obbiettivo di capire come sono organizzati i siti dei nostri maggiori archivi, dal punto di vista di un utente che vuole fare una semplice ricerca genealogica (visto che sono quelle più richieste).

Il sito informa minuziosamente l’utente della storia dell’Ente, del suo patrimonio documentario e delle vicende storiche che lo hanno costruito ( e distrutto), della Scuola d’archivio, delle attività ecc. ecc. Il tutto con un linguaggio diciamo per “addetti ai lavori” (infatti chi legge viene ripetutamente appellato come “studioso” – presumendo che solo agli studiosi possa venire in mente di andare a navigare in un sito d’archivio). E si susseguono le paginate di spiegazioni, una specie di corso di archivistica in miniatura (ma neanche tanto miniato), e le istruzioni per accedere alle banche dati e agli inventari e ai repertori digitalizzati. Qui faccio una prima ricerca: inventari digitalizzati… si apre una finestra con i titoli degli strumenti disponibili, ma poi li è difficile capire cosa si può fare. Cliccando, qualcuno si apre in una finestra laterale che contiene le stesse informazioni più altri geroglifici del sistema…altri no ma non si sa perchè…nell’insieme mi pare circoli una notevole prolissità archivistica e una astrusità e difficoltà di consultazione. Ecco la spiegazione (!) degli inventari digitalizzati della sala studio.

Sala degli inventari
All´interno di questo modulo, gli strumenti di ricerca gestiti dalla Sala di studio (inventari, indici, repertori, elenchi prodotti dall´Amministrazione archivistica), sono identificati non soltanto da un numero progressivo, ma dal riferimento al complesso documentario a cui si riferiscono. Le diverse specie di chiavi di ricerca elaborate dagli archivisti sono riconducibili a due modelli generali:
  1. 1) strumenti inventariali che descrivono le unità documentarie secondo la sequenza stabilita dall´ordinamento;
  2. 2) “pandette”, indici, repertori che organizzano le informazioni sulle unità documentarie secondo modalità ritenute funzionali alla ricerca (per esempio l´ordine alfabetico dei nomi di persona o di località, l´ordine cronologico degli atti o quello per categorie di soggetti o di funzioni). Prima suddivisi in cinque serie numeriche, gli strumenti sono oggi tutti integrati in un unico modulo, interrogabile cercando un elemento all´interno del riferimento all´archivio.”

Io volevo solo fare una ricerca genealogica…cercare il certificato di nascita di un tale, così, per fare una prova. Ma come faccio? Torno indietro alle spiegazioni, sperando in qualche improvvisa botta…di fortuna. E infatti trovo qualcosa dopo aver girovagato ancora nel sito, incistata sotto Istituto>servizi>richiesta documenti>richiesta informazioni su persone…alleluhia!, ci siamo, mi dico. Ma:

L’Archivio di Stato di Napoli conserva, in serie completa, i registri di nascita, matrimonio e morte dei Comuni di Napoli e provincia per gli anni 1809-1865. Per una ricerca nominativa occorre indicare il luogo e l’anno di nascita del soggetto dell’indagine e, se il soggetto è nato nella città di Napoli, anche la circoscrizione (quartiere) di appartenenza. In assenza dei dati suindicati non è possibile effettuare alcuna indagine.

Ma come cavolo si può pretendere che un discendente di immigrati di terza generazione possa sapere il quartiere di nascita dei suoi parenti? va già bene che si ricordino della città, dell’anno più o meno, della nazione… ma non è finita: consapevoli che magari il povero nipote o pronipote a questo punto comincia a innervosirsi, sapete cosa fanno gli archivisti dell’ASNA? sbolognano gli importuni al Comune di Napoli:

Limitatamente alla città di Napoli è comunque opportuno rivolgersi direttamente al Comune che possiede gli stessi dati dal 1809 ad oggi in formato digitale, di accesso immediato. L’indirizzo è il seguente: Comune di Napoli “Servizio Stato civile – Ufficio Corrispondenza Valori” II traversa Via Epomeo, Parco Quadrifoglio, 80126 Soccavo, Napoli. Si fa presente inoltre che l’unico ufficio competente al rilascio di certificati e di estratti di Stato civile è l’Ufficio di Stato civile del Comune di nascita.

Di accesso immediato? e cosa ci vanno, a piedi dall’Argentina o dalla California alla Seconda traversa di via Epomeo? ma non potete segnalare un indirizzo internet, un’URL, che dio vi benedica?

Il confronto con uno dei molti siti in lingua inglese è senza dubbio istruttivo. Ad esempio questo: Ancestry.com. Il sito è pieno di servizi:

L’utente viene agganciato, incuriosito, attirato con le miniature dei documenti, con la promessa dei risultati…e alla fine, sottoscrive l’abbonamento e consulta, e probabilmente trova quello che cerca, tra milioni di dati…io, per esempio, ho trovato.
E’ un sito commerciale, d’accordo. Ma non è questo l’aspetto che volevo sottolineare. Qui l’ambiente web è costruito intorno all’utente e alla sua esigenza di cercare e trovare. Non viene respinto o umiliato con una esibizione di terminologia esoterica. Non viene annoiato costringendolo a sciropparsi la storia del regno di Napoli, se vuole trovare un certificato di nascita di suo nonno. C’è veramente un diverso di punto di vista, centrato sull’utente, o meglio, su quel particolare bisogno di ricerca dell’utente, che viene esaltato e valorizzato.

Ci sono un milione di obbiezioni possibili a questo discorso, ne sono consapevole: da quella che coi soldi tutto è più facile (ma questa è quella più banale e miope) al fatto che un Archivio di Stato non può soddisfare solo un particolare tipo di bisogno di ricerca, trascurando gli altri… Ma a me, in questo momento, interessa puntare l’attenzione su come è costruita l’interfaccia utente dei siti archivistici, queal ‘è la “filosofia” che la informa, e se e come le tecnologie 2.0 possano aiutare a costruire un approcio diverso. Ho l’impressione che un sito come quello dell’ASNA, una “vetrina dell’Archivio”, centrata sull’archivio, scoraggi qualsiasi utente, qualunque documento voglia cercare. Un diverso punto di vista è possibile. Ma, bisogna volerlo. La domanda è: lo vogliamo? e se si, chi lo vuole?

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