Beni culturali: l’attacco viene dall’alto

Mi pare giusto e importante far circolare le ragioni di chi, come Salvatore Settis, Mariella Guercio e altri, stanno denunciando l’attacco che i fragili Beni Culturali nel nostro paese stanno subendo ad opera del governo e del ministro Bondi. Ri-pubblico l’intervento di Mariella Guercio, uscito sull’Unità.

Perché dimettersi
di Mariella Guercio

In alcuni articoli e dichiarazioni a proposito delle dimissioni di alcuni componenti del Consiglio superiore dei beni culturali, tra cui quelle di chi scrive, si cerca di ricondurre o ridurre tale decisione a contrasti di natura personale o a scelte dettate dal bisogno di esprimere solidarietà al presidente Salvatore Settis. Mi sembra quindi utile, anche per favorire quel dibattito cui era finalizzata la sospensione dei lavori del Consiglio del 25 marzo da parte del prof. Tullio Gregory, che lo presiedeva in quanto decano, chiarire bene la mia posizione.
Innanzi tutto, sottolineo che la vicenda delle dimissioni del presidente e la sua incredibilmente rapida sostituzione non sono a mio avviso in alcun modo riconducibili – come qualcuno potrebbe pensare e ha sostenuto –  a un problema di rapporti personali, ma rendono esplicita una linea politica che trovo di particolare gravità per una corretta azione di tutela del patrimonio culturale e svelano modalità di azione che mi hanno indotto a riconsiderare criticamente la possibilità di svolgere quella necessaria collaborazione super partes in questo clima all’interno del Consiglio: aver voluto forzare la mano al prof. Settis per ottenere le sue dimissioni aveva in sostanza l’obiettivo di avere a disposizione un consiglio meno autonomo. Del resto la dichiarazione rilasciata a caldo dal ministro conferma proprio questa interpretazione dei fatti: le dimissioni di chi esprime autorevolmente, con correttezza e pacatezza le proprie opinioni servono per una svolta nella definizione di una politica culturale ubbidiente a esigenze altre rispetto a quelle della tutela e del rispetto di beni fragili il cui godimento pubblico richiede invece molta cautela e cure continue. È opportuno sottolineare che l’intervista di Salvatore Settis all’Espresso è esemplare  per le parole che gli sono direttamente attribuite e ha  i medesimi contenuti che il ministro aveva sottoscritto nel corso del primo incontro con il Consiglio superiore. Mi sembra altresì molto grave che si contesti a chiunque di noi il diritto di rilasciare dichiarazioni ed esprimere opinioni legittime predefinendo su base ideologica (questa sì che è ideologia) i canali della comunicazione consentita.

La decisione originaria di creare una direzione generale per la valorizzazione dei musei, ma anche la nuova struttura presente nella riforma in corso di approvazione costituiscono  un segnale degli indirizzi non condivisibili che l’attuale ministro intende perseguire e che rischiano di tradursi in impoverimento ed emarginazione delle istituzioni di tutela: si spogliano completamente le strutture di tutela di qualunque iniziativa di promozione (ma anche di controllo sugli usi incongrui del patrimonio culturale); si sottraggono risorse a chi faticosamente opera sul territorio; si produce altra e pericolosa frammentazione nel corpo di un organismo che sembra già sbriciolato rispetto alla sua costituzione originaria ed è a rischio quindi di paralisi; non si garantisce infine in alcun modo il recupero  di quei mezzi economici e di quella qualità nella comunicazione che si vuole a parole sostenere. Del resto, solo operando congiuntamente con adeguate competenze tecniche di tutela e di valorizzazione, si può sperare di assicurare il raggiungimento di questi obiettivi nei settori delicati e impegnativi che costituiscono l’oggetto principale dell’azione del Ministero.

Ancora più grave è il commissariamento delle soprintendenze archeologiche romane che consente innanzi tutto (nascondendosi dietro il paravento di finalità di rapidità e di efficienza) di operare in deroga a disposizioni di garanzia e costituisce un grave precedente per altre eventuali azioni di sottrazione dell’esercizio della tutela ai canali della normale azione pubblica in nome di una presunta emergenza che non trova concrete ragioni operative.

I tagli finanziari in materia di tutela del patrimonio culturale (che il ministro stesso aveva assicurato di poter/saper contrastare nel primo incontro con il Consiglio, ma che invece continuano a devastare e umiliare la vita delle istituzioni culturali) sono vergognosi: nella ridefinizione dei piani di spesa in corso di approvazione se si analizza, a titolo di esempio, il settore archivistico, si osserva con costernazione che sono decine gli istituti con budget di poche centinaia di euro.  Sottolineo che i tagli non hanno finora determinato danni irreparabili solo grazie all’attenzione e alla oculatezza con cui si sono mossi gli ottimi funzionari presenti oggi (fino a quando?) nelle strutture centrali del Ministero e nelle direzioni generali tecniche. Non c’è nessuna garanzia che questo avvenga in futuro.

Dimettersi, quindi, non vuol dire drammatizzare una situazione, ma solo sottolinearne la reale gravità e prendere atto dell’impossibilità di continuare a operare. Non credo infatti ci siano le condizioni  e il clima pacato  di  collaborazione di cui questi settori complessi hanno bisogno, come altri hanno ben ricordato in questa medesima occasione. Nel mio caso è del resto proprio questo il mandato che ho ricevuto dato che sono stata nominata (e confermata) con decreto ministeriale in base a un rapporto fiduciario (che tuttavia non può che essere reciproco e la fiducia da parte mia a questo punto è venuta meno).

Aggiungo che bisogna prendere atto (sarebbe stato utile farlo ben prima e con forza) dello stravolgimento grave e pericoloso dell’attuale natura istituzionale (che peraltro il ministro Bondi ha ereditato da altri) del Consiglio superiore la cui maggioranza è sostanzialmente affidata a persone di fiducia del ministro e non ai rappresentanti delle istituzioni. La democrazia – ma anche la sana gestione di qualunque ente – hanno bisogno di strutture di garanzia indipendenti e autorevoli soprattutto quando è in gioco il bene comune.

Questo gesto mi è comunque costato, perchè ho sempre cercato di  non sottrarmi all’impegno che i compiti istituzionali affidatimi richiedevano. Ci sono tuttavia momenti della vita professionale e scientifica che richiedono una presa di distanza chiara rispetto a comportamenti e metodi che di fatto mettono in pericolo la possibilità stessa del cambiamento che pur si intende perseguire.

26 febbraio 2009

1 Commento

Archiviato in beni culturali, ribellarsi è giusto

Una risposta a “Beni culturali: l’attacco viene dall’alto

  1. Paolo

    Cara Paola,

    Ma allora cosa devo fare? Rimettermi a studiare? Oh, non che non mi piacerebbe, anzi… ma intanto di che vivo? E intanto c’è la crisi che mi impedisce anche di ricavare almeno qualcosa dalla vendita di una casa cui sto dietro da quasi due anni, e col costo della vita aumenta sempre di più…
    Negli ultimi sei mesi avrò mandato in giro almeno venti domande, Coutot-Roehrig compresa, e non ho ricevuto nemmeno una semplice risposta… per non parlare di due concorsi, nel cui caso la mancata risposta mi sembra davvero grave.
    Io sono ormai non solo disgustato, ma proprio terrorizzato e angosciato da questo sistema.
    Ieri sera, mentre mangiavo, invece di mettere su un po’ di buona musica come mia abitudine, ho acceso la TV (gravissimo errore!) e mi sono imbattuto in un meraviglioso reality detto “La Fattoria”. Questo è stato il colpo di grazia.

    Scusa lo sfogo, ma ogni tanto ci vuole.
    Un salutone!
    paolo

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