Un consiglio di lettura: “Il Potere degli archivi”

Copertina libroFinalmente un libro sugli archivi che interessa, che coinvolge, che dice qualcosa della vita di oggi e di ieri, delle trasformazioni che ci riguardano, e forse per questo, spesso ignorate. Ci volevano tre archivist* coi fiocchi: Isabella Zanni Rosiello, Stefano Vitali e Linda Giuva. Stefano V. scrive sulle trasformazioni dell'”immaginario sociale” che riguarda gli archivi, e che coinvolge pratiche e attività di milioni di persone nel mondo. Di come l’archivio (“memoria esterna”) è passato da ambito di lavoro di elìte circoscritte di studiosi a risorsa di una memoria storica, familiare, comunitaria di grandi masse. Delle tante implicazioni che vanno indagate, non tutte trasparenti, anzi alcune con ascendenze inquietanti, come quelle che fanno capo alle politiche della purezza della razza naziste. Ai grandi fenomeni delle migrazioni di moltitudini, negli ultimi secoli ma in specie nel ventesimo. Alle trasformazioni stesse delle forme degli archivi, alla nascita degli archivi di persone, non solo celebrità ma anche gente comune… Alle varie pratiche sociali sulla “memoria” che si sono sviluppate, alle risposte che stanno dando le istituzioni, anche, ad esempio, la Chiesa cattolica, non esenti da forzature ideologiche…Tutto ciò e molto altro usando in modo critico immagini e storie sugli archivi prese dalla letteratura, dai romanzi, dai film. Un saggio informatissimo, e innovativo anche nello stile e nelle argomentazioni. Molti rimandi tra questo scritto a ciò che dice Linda G.: che con grande fermezza affronta uno dei temi più difficili e anche più inquietanti che quotidianamente scuote le prime pagine dei giornali: il rapporto del Potere (in senso globale, dal politico al poliziesco) con il segreto d’archivio. E con argomentazioni che si allargano fino a toccare tutti i paesi del mondo globale, dagli Usa all’Australia all’Italia, investigando storture, omissioni, distruzioni, pratiche devianti che hanno fatto talvolta degli archivi uno strumento non solo di controllo, ma di vera arma di repressioni se non di genocidio. Ma la storia, come sempre, compie giravolte imprevedibili e paradossali: gli archivi del terrore (Argentina, Spagna, Germania est…) sono diventati oggi una risorsa fondamentale per quanti, sopravvissuti ai regimi o discendenti delle vittime, ma anche in generale cittadini democratici, vogliono sapere e far sapere, avere giustizia e anche risarcimenti. La tesi del saggio, in estrema e non facile sintesi, è che il “segreto d’archivio” va gestito in modo molto accorto: eliminandolo, si rischia di rafforzare le pratiche difensive e omissive delle burocrazie e del potere (che tutti, sempre, di default, hanno bisogno della riservatezza). Bisognerebbe arrivare a un difficile equilibrio tra segreto e gestione trasparente di esso: che si sappia ciò che non si deve sapere.

Mia riflessione: un bel paradosso. Che implicherebbe una gran bella trasformazione sociale, politica e soprattutto culturale, oggi, nell’Italia delle mille spie e diecimila misteri…

Comunque, questo scritto fa chiarezza sul fatto che gli archivi, specie quelli pubblici ma si può parlare in generale, siano un terreno di scontro politico e di conflitto sociale- contro ogni idea di separatezza e neutralità. E ciò restituisce un bello spessore culturale anche alla disciplina che se ne occupa, e allarga il nostro orizzonte dando legittimità a molti e variegati punti di vista, che conducono a un’idea e pratica della professione ricca culturalmente, responsabile civilmente.

Non posso riassumere il saggio di Isabella Zanni Rosiello, che è un grande affresco sulla storia degli archivi e del loro rapporto con il potere politico e istituzionale da un lato, e con le trasformazioni che hanno percorso il mondo della storiografia e della cultura dall’altro. Ancora una volta, Isabella Z.R. si muove sicura dal passato al presente più recente, lungo la tortuosa evoluzione di una istituzione che molti frequentano senza conoscere affatto. L’autrice non nasconde affatto difficoltà e problemi della situazione degli archivi pubblici e non solo, che conosce come forse nessun altro. Da questa conoscenza “viscerale” (e anche dall’amore di una vita) mi pare che nasca, (è una mia impressione), una qualche forma di malinconia se non di scetticismo sulle sorti di queste istituzioni. Che forse aspetta sempre una smentita dai fatti: l’ennesima promessa dell’ennesima riforma…

In conclusione, mi auguro che il libro venga adottato nelle scuole d’archivistica presso Archivi di Stato e Università: sarebbe un favore fatto a molti studenti, e a molti docenti.

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